LA SIMBOLOGIA DEL CINGHIALE E DEL VERRO TRA I GERMANI: IL CASO DEI LONGOBARDI

Articolo pubblicato su www.facebook.com/Winniler in data 22/06/2022

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Come ben sappiamo il cane era l'animale totemico dei Longobardi sin dalle origini (come ci ricordano sia il nome Winniler, che potrebbe essere tradotto come "Cani Furiosi", che l'esistenza dell'élite guerriera degli hundingar/cinocefali); ma questo non significa che fosse l'unico animale caro ai Figli di Godan: in passato, infatti, abbiamo visto anche l'esempio del cavallo, utile sia in guerra che nell'accompagnare il defunto nell'aldilà (funzione psicopompa condivisa con il cane ed attestata in numerose necropoli sparse per i territori del Regno Longobardo, a tal proposito consigliamo la lettura del nostro articolo "Inumazione di cani e cavalli presso i Longobardi").

Oggi vogliamo invece parlare del cinghiale, ma anche del verro (si tratta infatti di animali affini nella cultura germanica).

"Frey e Gullinbursti" (opera di Johannes Gehrts, 1901).

Anche per questo animale, sacro agli Dei e che per le popolazioni germano-scandinave era simbolo di fecondità e di potenza primitiva, il legame con i Winniler/Langbärten ha radici antichissime; basti pensare come i due comandanti, figli della sacerdotessa Gambara, che guidarono i Winniler fuori dalla Scania avessero due nomi che, associati, significavano "zanna (o 'dente acuminato') di cinghiale": Ibor (dal germanico "ebura" = "cinghiale") e Aion ("lama"). A tal proposito ricordiamo come, in ambiente scandinavo, il verro/cinghiale che trainava il carro del Dio Freyr era chiamato "Slíðrugtanni", cioè "zanne spaventose" (un altro nome con cui era noto è "Gullinbursti", "setole d’oro").

Freyja fa visita a Hyndla in groppa ad Hildisvíni (opera di Lorenz Frølich, 1895).

Al guerriero, ed ancor più all'eroe, in area germanica venivano associate le qualità di forza e fecondità, tanto che il maiale "Hildisvíni" (lett. "verro/cinghiale da battaglia"), appartenente alla Dea Freyja, sorella del sopracitato Freyr, celava la figura di Óttarr (eroe prediletto dalla Dea). Sempre in area scandinava "Hildisvíni" era anche il nome di un tipo di elmo, probabilmente sormontato dalla figura di un verro (in merito a simili cimieri, citati anche nel Beowulf, ricordiamo gli ornamenti a forma di cinghiale su alcuni ritrovamenti inglesi di elmi sassoni o la raffigurazione dei due guerrieri sulla lamina/matrice "C" di Torslunda).

Raffigurazione di guerrieri-cinghiale sulla lamina/matrice "C" di Torslunda (periodo Vendel, VI-VII secolo).

Tale legame con la figura del guerriero è il motivo del ritrovamento dei denti di cinghiale deposti nelle sepolture degli arimanni Longobardi o raffigurati su placche di cintura al fine di trasmettere forza al guerriero. Il fatto, poi, di trovare il cinghiale associato ai fratelli divini dispensatori di fecondità (della terra come degli organismi viventi) ne giustifica le rappresentazioni della testa dell'animale ad ornare monili tipici del corredo femminile.

Collegno, Tomba 47, pendenti di cintura (bronzo ageminato, due vaghi in pietra e un vago in pasta vitrea traslucida). Ultimo trentennio del VI - inizi del VII secolo.

In merito al pendente in bronzo ageminato riportiamo da "Presenze Longobarde: Collegno nell'alto medioevo" [pag.80-82]:

Pendente in bronzo ageminato con vago in pietra.

Inv. n.87181/a

Bronzo fuso, agemina d'argento; pietra grigio-chiara (calcedonio). Parte metallica integra; pietra lievemente

scheggiata alle estremità

L. cm 7,1; l. vago cm 2.

Il pendente si compone di due elementi: un gancio metallico con protome zoomorfa sul lato anteriore è inserito e saldato a una delle due estremità del foro passante di un vago in pietra. Il gancio ha un tratto rettilineo posteriore a sezione rettangolare piuttosto schiacciata, ritorto nella parte superiore a formare un anello aperto a sezione a "D" e unito ad un soggetto animalistico sul lato anteriore. Si tratta della testa di un cinghiale, rappresentata frontalmente e con sagoma piuttosto allungata, i cui tratti caratterizzanti sono delineati da fili d'argento; si individuano chiaramente una fascia mediana che si divide al di sopra delle arcate oculari, i due occhi a profilo allungato e le zanne distintive della specie, mentre il resto delle superfici laterali è riempito da tratti paralleli.
Il vago litico è del tipo "a barilotto", quindi di forma cilindrica con profilo lievemente bombato verso il centro e foro passante (d. cm 0,7); la superficie è perfettamente levigata.

Secondo le leggende nordiche la carne del verro/cinghiale Sæhrímnir nutre quotidianamente, in un perenne ciclo di morte e rinascita (simile a quanto accadeva ai capri di Thor, di cui abbiamo parlato nel nostro articolo "Adalgis e l'Epica Longobarda"), i guerrieri caduti ospitati nelle sale di Odin/Godan.

Offerte di cibo rituale (da notare l'omero di maiale) ritrovato nella sepoltura del bambino della Tomba n.50 della necropoli San Mauro di Cividale del Friuli.

Da "I Longobardi, un popolo che cambia la storia" [Skira, 2017, pag.28]:

Offerte alimentari (omero di maiale e recipienti coperti da lastrine) della tomba 50 di Cividale del Friuli (Udine), San Mauro
(cat. II.5)

Fine del VI secolo

Cividale del Friuli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 24131-24156

Nella fossa terragna orientata in senso ovest-est giaceva un individuo di due-quattro anni, di sesso non determinabile; una traccia nerastra riconosciuta in modo uniforme sotto tutto il corpo ha permesso di ipotizzare che fosse stato adagiato su uno strato di
materiale organico (tessuto, legno?).
Dal riempimento sono stati recuperati carboni e frammenti di recipienti vitrei e soprattutto ceramici: probabili resti di un banchetto funebre, verosimilmente dopo una rottura rituale. Frammenti di ossi combusti erano presso la tibia sinistra del defunto; sotto la tibia destra si e rinvenuto un omero di maiale; all’estremità orientale della fossa un frammento di calice in vetro. Oltre la testa fu deposta una brocca in bronzo: una lastrina di pietra copriva la bocca del recipiente, evidentemente a proteggere il liquido in esso contenuto. Accanto, vi era un’olla in ceramica, anch’essa coperta da una seconda lastrina in pietra. Potevano costituire le offerte alimentari, utili al defunto nel suo passaggio verso l’aldilà. Il bambino indossava una cintura fermata da una fibbia in ferro ageminato con fili d’argento. Forse contenuti
in una borsa – a giudicare dalle tracce organiche riconosciute e da fibbietta e puntalino in bronzo nelle vicinanze – vi erano una seconda fibbia di cintura, in
bronzo con ardiglione con base a scudetto (altezza 3,5 cm), un coltellino in ferro, una pietra focaia e delle borchiette ornamentali. Fra le tibie vi era anche un anello digitale in argento con monogramma inciso, presumibilmente da adulto (diametro 2,2 cm).
Un pettine in osso in prossimità del cranio, a una fila di denti di pregio e di dimensioni significative (lunghezza 24,7 cm), e un lungo ago in osso (10 cm) completavano le offerte insieme a una moneta d’argento, un ottavo di siliqua emesso da Giustino II (565-578; cfr. scheda di E. Arslan, cat. III.26).

(Caterina Giostra)

Bibliografia: I. Ahumada Silva, Le tombe e i corredi, in La collina di San Mauro a Cividale del Friuli. Dalla necropoli longobarda alla chiesetta medievale, a cura di I. Ahumada Silva, Firenze 2010, pp. 117-123, tavv. 48-50.

A tal proposito segnaliamo le offerte di cibo rituale ritrovate in alcune tombe longobarde (ad esempio l'omero di maiale scoperto nella sepoltura del bambino della Tomba n.50 della necropoli San Mauro di Cividale del Friuli). Inoltre non possiamo non segnalare come una reminiscenza di questo cibo ultraterreno potrebbe essere alla base dei motivi animalistici ritrovati ad ornare alcune crocette auree che venivano poste sul velo a copertura del volto del defunto; un elemento tradizionale potrebbe quindi essere sopravvissuto nell'iconografia longobarda anche all'arrivo della fede cristiana. È anche interessante notare come spesso parti del corredo tradizionale, come le zanne di cinghiale, accompagnassero il defunto in tombe in cui sul suo volto era deposta anche una crocetta aurea (come nel caso della Tomba n.62 di Fara Olivana); ciò poteva indicare una sovrapposizione dell'antica e della nuova fede.

Corredo da Fara Olivana, Tomba 62, inizi del VII secolo.

In questa sepoltura di un cavaliere sono state rinvenute quattro zanne di cinghiale deposte all'estremità della fossa.
Nella stessa necropoli altre due tombe maschili erano corredate da zanne dell'animale.

Rimanendo in tema religioso segnaliamo come con il termine norreno "sonarblót" si identificasse il sacrificio di un verro agli Dei; l'animale immolato in tale rituale era detto "sonargöltr", tale vocabolo è probabile si riferisse al verro dominante dell'allevamento ed ha un interessante corrispettivo nel longobardo "sonorpair" di cui si legge nel capitolo 351 dell'Editto di Rothari:
"Del verro. Se qualcuno ruba un verro altrui, paghi una composizione di 12 solidi.
È detto sonorpair quello il quale si batte con tutti gli altri verri del branco e li vince. Comunque, in un branco, per quanti maiali vi siano, si conta un solo sonorpair; ma se il branco è inferiore ai trenta capi, non si calcoli alcun sonorpair, a meno che non siano trenta o più.
Se il sonorpair è ucciso mentre vien fatto un danno, quello che lo ha ucciso ne restituisca uno simile o migliore e gli sia pagata la composizione per il danno.
Ma se vengono rubati altri verri o maiali, siano restituiti in actogild [indennizzo pari a otto volte il valore nd.Winniler]."

Motivo a Swastika su placca di cintura. Tomba maschile 24 della necropoli di Santo Stefano in Pertica (Cividale).

Da "I longobardi" [Electa, 1990, pag.420 e 422]:

Guarnizione in ferro ageminato

3,2x2,6 cm

inizi del VII secolo

Inv. n.7565

Placca per cintura di forma rettangolare. Presenta una decorazione in agemina d'argento data da una croce uncinata inserita tra denti di cinghiale e zampe di animale. Nel retro conserva due magliette. 

Sul sonorpair riteniamo utile riportare le parole della studiosa di lingue e culture germaniche Nicoletta Francovich Onesti:
"Sonorpair: il verro più forte del branco. L'allevamento dei maiali fu molto potenziato dai Longobardi, che avevano le loro tecniche e la loro terminologia specifica (il vocabolo non ha un corrispondente latino)".

Fibula a staffa del II Stile della Toscana.

Da "I longobardi" [Electa, 1990, pag.225-226]:

Fibula a staffa del II Stile della Toscana

17 cm (alt.); 9,5 com (larg.)

fine del VI secolo

British Museum, Londra

Grande fibula a staffa, in argento lavorato, la cui piastra superiore è semicircolare, quella inferiore ovale. Ai lati della piastra inferiore si trovano due coppie di teste di animali nel II Stile, di cui se ne conservano intere solo tre. La piastra superiore è ornata da due animali intrecciati, dal corpo nastriforme, perlati, La piastra inferiore è ornata da un nodo composto da due animali dal corpo nastriforme e da un nastro che termina in mani umane. La base zoomorfa presenta denti da cinghiale ed è incorniciata da teste di animali rivolti verso l'alto. La fibula del museo britannico è sicuramente la più bella e pregiata che ci sia pervenuta. Essa potrebbe rappresentare lo stadio finale dell'evoluzione delle fibule a staffa longobarde e risale probabilmente ancora al primo terzo del VII secolo.

Non ci resta che ricordare come una tipica formazione di battaglia adottata dai Germani ed in seguito, come vedremo più sotto, dai Vikinghi era il cuneo: di questa formazione, usata per rompere lo schieramento avversario, parlarono sia Tacito, intorno al 98 EC nel suo Germania, dove nei capitoli 6 e 7 leggiamo "La schiera si dispone a cunei. [...] la formazione di uno squadrone di cavalleria o di un cuneo avviene non per casuale raggruppamento, ma in base alle famiglie e ai clan", sia Publio Flavio Vegezio Renato che tra il IV ed il V secolo scrisse il De Re Militari in cui leggiamo, nel capitolo 19 del libro III, "cuneo è chiamata una moltitudine di fanti, che procede a ranghi compatti, prima più stretta, poi più ampia e rompe le schiere avversarie, perché da molti in un solo punto vengono scagliati dardi. Questa formazione è detta «capo di porco» dai militari".
Il nome con cui Vegezio riporta questa formazione ("caput porcinum") ha un corrispettivo nello scandinavo "svinfylking" lo schieramento a "testa di cinghiale" che a sua volta prendeva il nome dai sacri guerrieri-cinghiale (una variante ai guerrieri lupo/orso/cane). A tal proposito, nel 1208 circa, Saxo Grammaticus nel suo "Gesta Danorum" [VII, X, 6] racconta di come lo stesso Odin/Godan istruì re Harald Hildetand ("Harald dente di guerra/battaglia") su questa tattica militare.

Con questo si conclude il nostro breve approfondimento sull'importanza del cinghiale/verro tra i Longobardi: simbolo augurale di fecondità in relazione alla donna e di forza in battaglia per gli uomini.

Teste di cinghiali raffigurate nell'ornamentazione di due crocette auree ritrovate rispettivamente a Pieve del Cairo (PV) e Milano.