IL COSTUME MASCHILE

di Otto von Hessen [I Longobardi, pag. 178-179 - Electa, 1990]

Immagini e relative didascalie aggiunte dal gruppo Winniler.

 

Per quanto riguarda I'abito dell'uomo longobardo abbiamo informazioni abbastanza buone.

Paolo Diacono scrive in proposito: "I loro vestiti erano piuttosto ampi, fatti per la più parte di lino, come sono soliti portare gli Anglosassoni, e ornati di balze più larghe e intessuti di vari colori. Portavano inoltre calzari, aperti fino alla punta dell'alluce e fermati da lacci di cuoio intrecciati. In seguito cominciarono a portare uose, sulle quali,.andando a cavallo, mettevano gambali rossicci di lana; consuetudine questa però che avevano appresa dai Romani". (Paolo Diacono, Historia Langlobardorum, IV, 22).

In realtà questi elementi dell'abbigliamento maschile non trovano riscontri archeologici, ma la descrizione non è campata in aria; si sono conservate infatti alcune rappresentazioni coeve di guerrieri, che senza dubbio raffigurano dei barbarie con molta probabilità dei Longobardi. Basti citare i combattenti sul piatto d'argento di Isola Rizza, che hanno barbe fluenti, indossano casacche con bordi riccamente ricamati, da cui sporgono i calzoni, e portano gli stivali. Un abbigliamento simile lo ritroviamo sulla placca dello scudo di Lucca a forma di guerriero; anche I'uomo barbuto del gruppo di destra, sulla piastra dell'elmo della Valdinievole, è vestito in modo analogo.

I ritrovamenti tombali ovviamente non ci forniscono le prove di questi dettagli, ma possiamo da essi trarre elementi altrettanto importanti per la ricostruzione del costume maschile. Prima di tutto bisogna tener conto dell'evoluzione delle armi, che è assai utile per stabilire una successione cronologica.

Moderna rappresentazione di un nobile longobardo che pone particolare attenzione allo scramasax ed al suo sistema di sospensione su "cintura multipla".

Quando i Longobardi giunsero in Italia I'armamento tipico del guerriero consisteva nella spada (per lo più una spatha a due tagli), nella lancia e in uno scudo con umbone di ferro. Talvolta compaiono anche punte di freccia, che dovevano naturalmente essere accompagnate da un arco. La spatha veniva portata appesa alla cintura; questa possedeva una fibbia e, all'inizio, solo poche placche ornamentali. La lancia poteva avere la cuspide a foglia di salice; talvolta al posto della lancia si trova un breve giavellotto. L'umbone dello scudo aveva un bordo sottile, la parte centrale conica e una calotta. anch'essa conica, che terminava talvolta con un perno leggermente sporgente, con I'estremità appiattita.

Ma poco dopo, già negri ultimi decenni del VI secolo, il quadro si modifica. La cintura della spatha è decorata con numerose placche; alla spatha si aggiunge spesso una sciabola, lo scramasax, che viene anch'essa portata appesa a una cintura riccamente ornate. Ora le cuspidi delle lance preferite sono brevi, a forma di foglia di alloro e con costolatura mediana partente darla cannula. Invece dell'umbone a coppa conica si preferisce I'umbone a coppa emisferica, che verrà usato per tutto il VII secolo.

Nelle tombe maschili, con corredo funebre di un cerro livello. compaiono spesso anche i filetti del morso e resti della bardatura del cavallo. In casi assai rari si trovano addirittura elmi e corazze a lamelle.

Nostra ricostruzione (anni 2003-2004) di 2 arimanni longobardi della 1^ metà del VII secolo.
Si notino le cinture del tipo "a cinque pezzi", le lance "a foglia di alloro" (nell'immagine a destra la variante traforata, troppo debole per un impiego in combattimento e quindi utilizzata con funzione di portavessillo) e gli scudi mostrati sia sul lato dell'impugnatura (sinistra) che su quello dell'umbone (destra). Tutte queste componenti sono ricostruite sulla base dei ritrovamenti di Testona (TO).
Il fodero della spatha della foto a sinistra è rivestito in fibra vegetale ed ispirato a quello del ricco corredo della tomba di Borgo d'Ale (VC).
Il vessillo conserva tratti tipici di una cultura tribale legata alla tradizione: sormontato da un teschio di cane in quanto animale totemico dei Longobardi (teniamo a precisare come l'animale sia morto per cause naturali), trova raffigurato il corvo (animale sacro al dio Godan, il padre degli dei germanici noto nel resto d'Europa come Wotan o Odin) e la sacra runa Othala, che ha significato di "eredità ancestrale".

Il periodo in cui i corredi funebri dei guerrieri longobardi sono più ricchi è senza dubbio quello che va data fine del VI al prima trentennio del VII secolo. Di questo periodo conosciamo un gran numero di tombe di personaggi importanti, con splendide cinture ornate di placche d'oro; esse non servivano solo da ornamento. ma vanno considerate, secondo I'uso bizantino. segni distintivi del rango di chi le indossava. A esse si aggiungono redini e selle sontuose, con placche, sempre in oro. L'accostamento di queste cinture "simbolo di rango" e delle "normali" cinture per sospendere le armi, con placche di ferro, che si trovano anche nelle tombe meno sontuose (basti qui ricordare per esempio I'importante tomba 119 di Castel Trosino), indica chiaramente che le prime venivano usate soltanto occasionalmente, mentre le altre servivano nella vita di tutti i giorni. Queste ultime hanno particolare importanza per I'archeologo perché le cinture subiscono notevoli modifiche di forma e di decorazione a seconda dell'evoluzione della moda e rappresentano quindi un buon punto di partenza su cui basare la cronologia relativa. Limitiamo perciò qui di seguito le nostre osservazioni alle cinture.

Per inquadrare sinteticamente il fenomeno va detto che, a partire dall'inizio del VII secolo. esistono due tipi diversi di cinture per sospendere le armi: 1. cintura di forma occidentale, che deriva chiaramente dalla cintura militare tardo-romana e viene chiamata dagli esperti "a guarnizione quintupla"; 2. la cosiddetta cintura "a guarnizione multipla" di provenienza orientale. Le guarnizioni quintuple comprendono sempre una fibbia con placca triangolare e la relativa controplacca, una linguetta e varie placche, il cui numero non è fisso e che possono assumere forme diverse. Di queste cinture dell'inizio del VII secolo esistono varianti in oro (per esempio a Cividale, Santo Stefano in Pertica, tomba 1), in argento (per esempio a Nocera Umbra, tomba 43), numerosi esemplari in bronzo (per esempio a Santa Maria di Zevio), che vengono chiamate di solito erroneamente "guarnizioni da cintura longobarde in bronzo" e moltissimi reperti di ferro con le più svariate decorazioni. Le cinture del secondo gruppo, a guarnizioni multiple, hanno una piccola fibbia con placca fissa, una linguetta principale grande, molte placche e una serie di piccole linguette secondarie, attaccate a delle strisce di pelle che pendevano darla cintura. Anche di queste esistono esemplari d'oro (per esempio a Verona, Via Monte Suello, tomba 4) e d'argento (per esempio a Castel Trosino, tomba 178).

Nobile longobardo della 1^ metà del VII secolo con armatura ed elmo lamellari (ispirati alla corazza coeva di Niederstotzingen nel Baden-Württemberg, Germania). La corazza è una variante che non presenta protezioni per le cosce; nell'immagine a destra si notano fibbie e cinghie per la chiusura della corazza poste sulla linea sagittale posteriore. Lo "Spangenfederhelm" ha paragnatidi mobili (ripiegati all'interno dell'elmo nell'immagine a sinistra) e presenta sul retro una cotta di maglia a protezione del collo.
La spatha è portata sul lato sinistro (il fodero è rivestito in fibra vegetale ed ispirato a quello del ricco corredo della tomba di Borgo d'Ale [VC]) e sospesa ad una cintura "a cinque pezzi" dotata di bandoliera. Lo scramasax è invece agganciato alla cintura in posizione posteriore (come si può vedere dall'immagine sulla destra).
Il vessillo, portato da una lancia traforata "a foglia di alloro", conserva tratti tipici di una cultura tribale legata alla tradizione: sormontato da un teschio di cane in quanto animale totemico dei Longobardi (teniamo a precisare come l'animale sia morto per cause naturali), trova raffigurato il corvo (animale sacro al dio Godan, il padre degli dei germanici noto nel resto d'Europa come Wotan o Odin) e la sacra runa Othala, che ha significato di "eredità ancestrale".
I polpacci sono fasciati, come da antica usanza "coprivano di piccole fasce bianche la parte bassa delle gambe" [Paolo di Warnefrit "Historia Langobardorum", I-24]

Guarnizioni di bronzo, come compaiono talvolta a nord delle Alpi, appartenenti all'inizio del VII secolo, non sono state finora trovate in Italia, in compenso esistono numerosi esemplari in ferro. La decorazione delle guarnizioni in ferro dei due gruppi si sviluppa in un primo tempo separatamente. Nelle guarnizioni quintuple compare dapprima I'agemina, che imita il cloisonné; questa scompare però abbastanza presto per venir sostituita per un cerro tempo (primo trentennio del VII secolo) da una ornamentazione zoomorfa in Stile II piuttosto goffa. Si tratta delle guarnizioni del cosiddetto tipo Civezzano (per esempio a Castel Trosino, tomba 119 e la nuova tomba assai ricca di Cividale, Santo Stefano in Pertica). In questo periodo le cinture multiple hanno una ornamentazione ageminata a spirale che imita motivi orientali (tipo Martinovka) e ornamentazione bizantina a punto e virgola. All'inizio del secondo trentennio del VII secolo ambedue i generi di guarnizioni sono ageminati, placcati, e decorati con una ornamentazione zoomorfa di Stile II, complicata e molto bella; per le placche delle guarnizioni quintuple questa ornamentazione continua anche nella seconda meta del VII secolo. Le placche delle guarnizioni multiple in questo periodo diventano più lunghe e I'ornamentazione si limita a due animali intrecciati a otto in Stile II. Alla fine del VII secolo, al posto delle guarnizioni quintuple piuttosto corte, subentrano cinture con placche molto allungate a motivi geometrici ageminati; lo stesso mutamento si verifica in quest'epoca anche per le guarnizioni multiple le cui placche si allungano molto.

Fino al primo trentennio del VII secolo si può seguire bene I'evoluzione delle cinture che abbiamo or ora descritto, ma per il periodo successivo mancano i reperti. I nuovi ritrovamenti di Trezzo, Borgo d'Ale e cosi via, ci hanno permesso di raffrontare i reperti italiani con i reperti provenienti da migliaia di cimiteri scavati a nord delle Alpi. Ma proprio in questo campo bisognerà continuare in futuro ad approfondire la ricerca. Le tombe maschili longobarde contenevano naturalmente ancora mori altri oggetti di cui parleremo qui di seguito.

Altri due arimanni della 1^ metà del VII secolo.
Il guerriero a sinistra (foto del 2005) porta lo scudo sospeso dietro la schiena grazie ad una bandoliera ed è armato con un'ascia "barbuta" riprodotta sulla base dei ritrovamenti di Testona (TO). Non dovendo sostenere il peso di una spatha la sua cintura non è fornita di bandoliera.
L'arimanno a destra (foto del 2003), armato di spatha e lancia con cuspide "a foglia di alloro", ha il proprio abito ornato con motivi geometrici tipici dell'area germanica e che trovano riscontro nei ritrovamenti archeologici longobardi. La cintura, del tipo "a cinque pezzi", vede sospesa sul lato sinistro una spatha, con fodero rivestito in pelle, ed è dotata di bandoliera per aiutarne la sospensione.

[Testo ed immagini seguenti sono ttratti da "Gli stili decorativi", di Paola Sesino, in "L'eredità longobarda. Ritrovamenti archeologici nel Milanese e nelle terre dell'Adda", a cura di Silvia Lusuardi Siena, Soprintendenza Archeologica della Lombardia, Milano 1989]

Gli stili decorativi costituiscono dei "fossili guida" indispensabili per individuare cronologie, specificità etniche ed influenze culturali reciproche all'interno del mondo barbarico.
I Longobardi utilizzarono su oggetti in oro, argento, bronzo o ferro ageminato motivi astratti e, più raramente, vegetali di tradizione mediterranea o raffigurazioni umane intere o in dettaglio (solo volto e mani).
Frequente risulta invece l'ornamentazione zoomorfa, espressione di un mondo mostruoso che affonda le proprie radici sia nei miti della religione nordica pagana sia nella cultura nei nomadi delle steppe eurasiatiche.
Sviluppatosi nella penisola dello Jutland verso la fine del V sec. d.C., lo stile animalistico germanico si diffuse rapidamente sia nell'Europa insulare sia in quella continentale, anche in relazione con l'arte decorativa tardo-romana, secondo modalità diverse presso le varie popolazioni barbariche. Tra queste i Longobardi rivestono un ruolo non secondario nell'elaborazione, già nelle sedi pannoniche, di forme peculiari e tipiche che in Italia subirono ulteriori modifiche a contatto con l'ambiente romano-bizantino.



All'interno dello stile animalistico longobardo si possono distinguere varie fasi cronologiche:
• Stile I. Caratterizzato da singoli dettagli zoomorfi semplificati e disposti secondo un principio additivo e disorganico. Attestato ampiamente in ambito pannonico e, in Italia, solo su fibule a staffa.
• Schlaufenstil. Documentato già in Pannonia e presente in Italia alla fine del VI sec. sembra costituire una fase di raccordo tra lo Stile I e lo stile II. Dettagli zoomorfi sconnessi sono uniti a nastri irregolarmente intrecciati secondo un disegno asimmetrico e disordinato.
• Stile II. Noto nella fase finale dello stanziamento pannonico, ha il suo massimo sviluppo in Italia. AL suo interno si riconoscono varie fasi in ciascuna delle quali è comunque dominante la regolarità e la simmetria dell'intreccio animalistico che evidenzia già assimilati i principi decorativi dell'arte mediterranea. Sporadicamente documentato sulla più tarda produzione di fibule a staffa, trova la massima applicazione su crocette e su manufatti ageminati.
L'evoluzione delle tecniche decorative si coglie particolarmente bene sulle guarnizioni di cintura. Accanto alla tecnica cosiddetta "a virgola" di tradizione bizantina documentata su guarnizioni in oro, argento e bronzo, ritroviamo tra la fine del VI e l'inizio del VII sec. quella ad agemina su guarnizioni in ferro. Questa ripropone l'ornamentazione "a virgola" accanto a quelle, sempre astratte, a treccia e a spirale, ma soprattutto sviluppa la decorazione animalistica in Stile II che va semplificandosi progressivamente nel corso del VII secolo, alla fine del quale compare un ornato prettamente geometrico.