Qualche giorno fa, il 9 Settembre, cadeva l'anniversario della Battaglia di Teutoburgo (svoltasi nell'anno 9 EC). I nostri Langbärten, al tempo stanziatisi nel bacino della bassa Elba (l'area identificabile con la "Golanda" di cui parla Paolo di Warnefrit nel suo Historia Langobardorum [I-13]) ed inseriti nella confederazione dei Suebi-Semnoni, saranno stati neutrali nello scontro? Probabilmente no, anche perché avevano qualche conto da pareggiare con i Romani.
Guerrieri Germani attaccano la colonna romana nella foresta di Teutoburgo, 9 EC (illustrazione di Angus McBride per il volume "I Barbari - Guerre e guerrieri dei secoli bui" di Tim Newark, Fratelli Melita Editori 1991). |
Ricordiamo a tal proposito come Velleio Patercolo (che per alcuni aveva prenome "Caio" mentre per altri "Marco") nel 30 EC pubblica il suo "Romanae Historiae" dove [II, CVI-2], riferendosi agli eventi del 5 EC, ci racconta del primo incontro/scontro con le legioni Romane, guidate da Tiberio nel tentativo di ampliare l'area di influenza romana, portandola dal Reno all'Elba; lo scontro dovette essere molto duro per i legionari se, nonostante la vittoria, venne riportato "Langobardi, gens etiam Germana feritate ferocior” cioè “Longobardi, popolo più feroce della ferocia germanica” [Romanae Historiae - II, CVI-2]. Dopo tale evento i Longobardi si trasferirono sulla riva destra dell'Elba, di questo parla Strabone quando nel suo Geografia [VII, II-169] scrive: "alcuni erano stanziati anche oltre questo fiume, come sono gli Ermonduri ed i Longobardi, ed al presente furono costretti a riparar tutti sull’opposta riva."
Il corso inferiore dell'Elba e la distribuzione di presunti campi di urne longobardi (illustrazione tratta da "I Longobardi: Storia e archeologia di un popolo" di Neil Christie, ECIG 1997). |
Ma oggi non vogliamo fermarci qui, bensì intendiamo citare alcune delle fonti classiche relative al Volk delle Lunghe Barbe nel periodo delle guerre germaniche di Roma per far capire come il nostro popolo non solo non ricoprisse un ruolo marginale nella storia germanica del tempo, ma anzi potesse addirittura far pendere l'ago della bilancia a favore di un particolare schieramento.
Impossibile non citare da subito Publio Cornelio Tacito che parla dei Longobardi nella sua opera più famosa "De origine et situ Germanorum" (meglio nota semplicemente come "Germania", composta intorno al 98 EC) tessendone le lodi con le seguenti parole "Lo scarso numero nobilita i Longobardi; benché siano circondati da molti e valorosissimi popoli, vivono sicuri, non per l'ossequio di questi, ma per la propria audacia guerriera" [Germania, XL].
Il capitolo prosegue dandoci interessanti informazioni sul culto di una divinità, chiamata Nerthus, adorata nell'area di stanziamento dei Langbärten (che ricordiamo essere consacrati prima di tutto agli sposi divini Godan e Frea):
"[Ai Longobardi] Seguono i Reudigni e gli Avioni e gli Anglii e i Varini e gli Eudosi e i Suardoni e i Nuitoni, protetti da fiumi e foreste. Nessuna caratteristica di rilievo in ciascuno di questi, se non il culto comune di Nerthus, ossia della Madre Terra, che, secondo loro, interviene nelle vicende umane e scende su un carro in mezzo ai popoli. Esiste in un’isola dell’Oceano un intatto bosco sacro e, dentro, un carro consacrato alla dea, ricoperto da un drappo: toccarlo è consentito al solo sacerdote. Questi percepisce la presenza della dea nel profondo del bosco e, quando compare trainata da giovenche, la accompagna con profonda venerazione. Sono allora giorni di gioia, sono luoghi di festa quelli cui si degna di giungere come ospite. Non si iniziano guerre, non si impugnano armi; ogni ferro è riposto; solo allora conoscono pace e quiete, allora solo le amano, finché quel sacerdote riconduce all’area sacra la dea, sazia del contatto dei mortali. Quindi il carro, il drappo e, se vuoi crederlo, la divinità stessa si purificano in un lago appartato. Addetti a questo servizio sono alcuni schiavi che poi il lago inghiotte. Da qui un misterioso terrore e una santa ignoranza di ciò che può esser visto soltanto da chi è destinato a morire." [Germania, XL]
Il corteo della dea Nerthus
(opera di Carl Emil Doepler per il libro di Wilhelm Ranisch "Walhall: Die Götterwelt der Germanen", 1905) |
Sempre Tacito poco prima di morire (tra il 117 ed il 120 EC) pubblicò il suo "Ab excessu divi Augusti" (meglio noto come "Annales") dove troviamo informazioni sulle guerre intestine ai Germani. Quando Tacito scrisse gli Annali i Cherusci avevano ormai perso l'egemonia sulle altre tribù (che avevano trovato un nuovo riferimento nei Catti), ma riferendosi agli eventi del 17 EC, quando ancora la tribù di Herman/Arminio era all'apice della sua potenza, ci racconta di come i Longobardi si schierarono al fianco dei Cherusci contro i Marcomanni (popolo che al tempo reggeva la confederazione dei Suebi):
"Pertanto, non solo i Cherusci e i loro alleati, cioè i vecchi soldati di Arminio, ripresero a guerreggiare, ma anche tribù di Suebi, Semnoni e Langobardi, dal regno di Maroboduo passarono dalla parte di Arminio. [...] Con pari fiducia da ambo le parti, i due schieramenti si posero a fronte, lasciando la vecchia usanza dei Germani di attaccare con sporadici assalti o a gruppi sparsi: anni di combattimento contro di noi li avevano avvezzati a seguir le proprie insegne, a contare su truppe d’appoggio, a eseguire gli ordini dei condottieri. Arminio, a cavallo, ispezionava ogni cosa e a quanti si trovava di fronte ricordava con orgoglio la libertà riconquistata, il massacro delle legioni romane, le spoglie e le armi strappate ai Romani e ancora nelle mani di molti di loro." [Annales, II-45]
ed ancora
"Anche motivi particolari inasprivano i due eserciti già impazienti: i Cherusci e i Langobardi si gettavano nella mischia per l’onore antico o per la libertà da poco conquistata" [Annales, II-46]
L'importanza dei passaggi riportati sopra è non solo quella di fornirci indicazioni relative al cambio di schieramento dei Longobardi, ma anche all'influenza che le guerre contro i Romani avevano avuto sul loro modo di combattere.
Tacito ritorna poi sui Longobardi in riferimento alla storia di Italico, figlio di una donna appartenente ad una nobile famiglia dei Catti (il padre era infatti il principe Actumero) e di Flavus, di cui non è stato tramandato il nome germanico, ma solo il suo cognomen romano, cioè il fratello di Arminio che rimase sempre fedele a Roma (tanto da chiamare suo figlio "Italico" e da combattere tra le fila romane, contro le truppe germaniche guidate dal fratello, nella battaglia di Idistaviso del 16 EC).
Corredo dalla tomba n.150, datata intorno al 50 EC, di un guerriero longobardo ritrovata a Putensen (nella comunità di Salzhausen, distretto di Harburg, Germania).
Il calderone di bronzo, di produzione romana, fu utilizzato come urna funeraria e riempito, fino a 10 cm sotto il bordo, con le ceneri del defunto e con gli elementi del corredo; il tutto fu chiuso da un coperchio in legno. Sopra i resti carbonizzati del defunto (che alcuni frammenti ossei hanno permesso di identificare con un maschio adulto tra i 20 ei 30 anni di età) giacevano la spada, che era stata spezzata in due e deposta in direzione est-ovest, la punta di lancia, l'umbone dello scudo, un coltello con manico di bronzo e due casseruole (anch'esse di produzione romana) con il fondo rivolto verso l'alto e la maniglia verso il centro del calderone. Tutti gli altri reperti sono stati raggruppati assieme alle ceneri: tre paia di speroni da cavaliere, otto fibule (6 in argento, 1 in ferro ed 1 in bronzo, unica ad essere arsa con il cadavere, mentre tutte le altre furono seppellite incombuste), un ago d'argento, una fibbia di ferro per cintura, gli accessori in bronzo di due corni potori, quattro cinturini in bronzo e numerosi oggetti in tessuto e pelle.
Reperti conservati presso il Museo Archeologico di Amburgo, Germania. |
Nel 47 EC sappiamo che i Cherusci, perduti quasi (se non tutti) i loro nobili nelle lotte intestine, chiesero a Roma l'invio di un nobile capo della loro stirpe riconoscendolo nel nipote di Arminio: Italico (che al tempo viveva nella capitale dell'Impero). Egli, inviato dall'imperatore Claudio, non venne però accettato da tutti e dovette imporsi dopo una breve guerra civile che lo vide vincitore, ma che gli donò anche la sicurezza che causò la sua prima caduta, da cui si riprese solo grazie all'aiuto dei Langbärten come possiamo leggere:
"Lo applaudì il popolo smanioso di lotta e il re uscì vincitore da quel grande scontro fra barbari; ma da allora la buona sorte lo spinse alla tracotanza. Sbandito e ricondotto sul trono con l’aiuto dei Langobardil, tanto nel bene quanto nel male continuava a straziare la potenza dei Cherusci." [Annales, XI-17]
Corredo longobardo e frammenti di urna provenienti da Marmstorf (distretto di Harburg, Germania).
Soprattutto a causa della marcata presenza di armi, il campo di urne di Marmstorf è considerato dagli archeologi come tipicamente longobardo.
Fotografia scattata durante la mostra "Die Langobarden. Das Ende der Völkerwanderung" presso il Rheinisches LandesMuseum Bonn (dal 22 agosto 2008 all'11 gennaio 2009). Reperti in prestito dal Museo Archeologico di Amburgo. |
Interessante notare come il noto geografo greco Claudio Tolomeo, nel II secolo, all'interno del suo "Geografia", nel capitolo del Secondo Libro dedicato alla Germania Magna, parla di 2 popoli chiamati Longobardi: gli Svevi-Longobardi, sulle rive del Reno, ed i Longobardi sull'Elba (che la nota di una traduzione di Girolamo Ruscelli, edita a Venezia nel 1561, descrive come "Marchia Antica", presumiamo ad indicare il nucleo tradizionale che in seguito continuò la migrazione per giungere fino alla fondazione del nostro Regno).
Così leggiamo: "Tengono della Germania quella parte, che comincia presso al fiume Reno, dalla parte verso settentrione i Busatteri chiamati piccioli, ed anco i Sicambri sotto i quali sono i Svevi Longobardi. [...] Fra le genti poi fra terra sono i Svevi Angili, più orientali de Svevi Longobardi, i quali si stendono verso settentrione fin al mezo del fiume Albio. [...] fra i Cauchi maggiori e i Svevi sono gli Angrivarii. Poscia i Langobardi. Et sotto questi i Dulgunnii." [Geografia, II]
Distribuzione delle tribù germaniche ai tempi di Tacito. |
Intorno al 230 EC Cassio Dione, nel suo Storie Romane, racconta delle Guerre Marcomanniche elencando i Longobardi tra le popolazioni che, nel 167 EC, avevano appoggiato lo sfondamento del limes danubiano (il Danubio era al tempo chiamato Istro):
"Quando seimila Langobardi e Obii attraversarono I'Istro, dopo che la cavalleria di Vindice li ricacciò indietro e giunse la fanteria sotto il comando di Candido, i barbari furono completamente volti in fuga; intimoriti, già al primo tentativo, dall'andamento della battaglia, mandarono degli ambasciatori a lallio Basso, il governatore della Pannonia, dopo aver scelto Ballomario, re dei Marcomanni, e altri dieci, uno per ciascuna tribù. Gli ambasciatori, dopo aver ratificato la pace con dei giuramenti, tornarono a casa." [Istorie romane, LXXII, 1a]
Cartina con le principali tribù germaniche secondo Tacito. |
Dopo questo episodio i Longobardi sparirono dalle cronache romane fino a quando non ripresero la migrazione verso la Boemia.
Tracce degli insediamenti Longobardi sull'Elba si trovano non solo nei campi di urne, ma anche nella toponomastica: è infatti da questo popolo che si fanno derivare i nomi della regione "Bardengau" e della località "Bardowick", a pochi chilometri da Luneburgo.
Mappa della Germania Magna secondo Claudio Tolomeo.
Si notino la popolazione degli Svevi-Longobardi all'estremità occidentale (sul Reno) e quella dei Longobardi (sulle rive dell'Elba). |
|