I LONGOBARDI ERANO DAVVERO COSI' CATTIVI?

Articolo pubblicato su www.facebook.com/Winniler in data 9/07/2019

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L'immagine allegata rende bene l'idea della disinformazione che ancora oggi viene fatta parlando di Longobardi. Tralasciando la sciocchezza di un nome derivante dall'alabarda (non solo perché l'arma fu ideata secoli dopo, ma soprattutto perché è chiaramente spiegato nell'Origo Gentis Langobardorum come tale nome venne donato ai Winniler dalla coppia divina Godan e Frea) ci preme analizzare come mai l'invasione longobarda per la creazione del Regno venne spesso vista, ieri come oggi, come accompagnata da incredibili crudeltà verso la popolazione autoctona.

Se nei decenni che seguirono la conquista del Regno gli ecclesiastici, seguendo più che altro tòpoi in uso nella Chiesa, si sbizzarrirono nel lamentare la brutalità longobarda così non avvenne per gli scrittori coevi l'arrivo di re Albwin/Alboino e dei suoi uomini.

Il vescovo svizzero Mario di Avenches (532-596), dagli storici ritenuto una fonte attendibile per gli eventi relativi alla popolazione dei Franchi, nel suo Chronicon relativo all'anno 569 così descrive l'arrivo longobardo nella pianura padana a lui prossima: "Hoc anno Alboenus rex Langobardorum [...] in FARA Italiam occupavit ibique alii morbo, alii fame, nonnulli gladio interemti sunt".
In tale brano vi si legge come, dopo la devastazione delle guerre gotiche, l'area padana fu colpita da pestilenze e carestia che fecero più morti dei "nonnulli" (alcuni) uccisi dalla spada (anche nei coevi Liber pontificalis viene riportato di come, per sfuggire alla fame, le guarnigioni romee/bizantine consegnassero i castra agli arimanni longobardi).

Ma cosa contribuì a trasformare questi "nonnulli" in una strage senza precedenti? Sempre il brano di Mario di Avenches, riportando un termine esclusivamente longobardo, ci fornisce un'interessante resoconto degli spostamenti di tal popolo riferendo la pratica dello stanziarsi "in fara", quindi secondo nuclei composti da elementi uniti da vincoli di sangue; ma Pierre-François Chifflet, che nel 1639 diede alle stampe il Chronicon, non conoscendo l'espressione longobarda usata da Mario la modificò per i lettori in "ut ferae" trasformando così uno stanziamento pressoché pacifico (se si escludono i nonnulli che trovarono la morte sul filo di una spada) in un'invasione di "belve feroci". Le ideologie antigermaniche risorgimentali fecero poi il resto sino ai giorni nostri.