LA BATTAGLIA DI MORTARA (12 OTTOBRE 773)

Articolo pubblicato su www.facebook.com/Winniler in data 12/10/2022

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Oggi, 12 ottobre, cade l'anniversario di quella che fu l'ultima battaglia campale combattuta dagli arimanni longobardi, al comando dei re Desiderio e Adalgis, in difesa del Regno nell'anno 773, contro le soverchianti forze dell'invasore franco.

Non si conoscono esattamente i numeri dello scontro, anche se alcune fonti parlano di 44.000 Longobardi e 32.000 Franchi caduti, ma è certo che la battaglia fu cruentissima, tanto da cambiare nome alla località precedentemente nota come "Pulchra Silva" (lett. "Selva Bella") in Mortara (pare da "Mortis Ara", cioè "Altare della Morte").
Di sicuro costò al re Carlo, nemico dei Longobardi, un caro tributo di sangue tanto che anche due suoi paladini, Amico di Beyre e Amelio d'Alvernia, caddero nello scontro; questi non erano certo uomini di poco conto ricoprendo le cariche rispettivamente di tesoriere reale e coppiere del re (a tal proposito ricordiamo anche come il poeta fiorentino Fazio degli Uberti, discendente del celebre Farinata degli Uberti di dantesca memoria, nel suo poema enciclopedico "Dittamondo", composto intorno al 1345, scrive “Giunti a Mortara, udimmo dire appieno, che per li morti il nome prese, quando li dui compagni venner meno”).

L'arco trionfale del Santuario di Santa Maria del Campo a Mortara, decorato con un grande affresco che raffigura la battaglia di Mortara, opera del pittore Ferdinando Bialetti datata all'anno 1915

Per un resoconto della battaglia, non certo esaustivo e che risente dei secoli che lo separano dall'evento, ci rifacciamo a quanto riportato da Bernardino Corio, nel 1503, all'interno del suo "Historia patria" (il testo sottostante è tratto dalla riedizione del 1855 con titolo "Storia di Milano"):

Desiderio, per modo che dopo molta uccisione de' suoi fu obbligato di cedere alle forze del vincitore, e con quanta velocità poté si riparò a Bellaselva. Quivi, rimettendo più che poteva genti d'arme, con grande animo si fortificò e attendeva i nemici, i quali poich'ebbero occupato tutto il Piemonte, seguitando la vittoria, si avvicinarono ai Longobardi, e tra loro si commettevano quotidiane scaramuccie. Pur un giorno intervenne circa al nascere del sole, che nel campo di Desiderio venendo gran copia di vettovaglie, furono da alcune genti de nemici di lieve armatura assaltate; del che avuto avviso i Longobardi, festinarono in soccorso dei loro. Similmente fecero i Franchi, in modo che da piccolo principio successe un atrocissimo e crudel fatto d'armi, nel quale si ritrovarono ambi i re, facendo ognun dessi prove di milite privato e di capitano egregio; onde, incalzando Desiderio i nemici con grande uccisione, questi ripararono ai proprii accampamenti, e fu interrotta la pugna, rimanendo i Longobardi in apparenza superiori.
Ma Carlo, per il frequente e gagliardissimo soccorso che di continuo da ciascuna parte gli veniva, non impaurito del passato danno, dopo due giorni sfidò il nemico; il quale per la passata vittoria inanimito, con ben ordinate squadre venne alle mani; onde essendosi lungamente combattuto, Desiderio rimase al tutto debellato e vinto, e con quelli che erano scampati dal ferro de barbari fuggi a Pavia. Questo fatto d'arme fu si micidiale e sanguinoso, che al luogo dove fu commesso diede eterna fama. Imperciocchè il nome di Bellaselva fu tramutato in Mortara, e cosi chiamasi fino ai di presenti.
Dopo si nobile vittoria Carlo, volendo usare il beneficio di quella, procedette fino a Pavia e quivi posto l'assedio lasciovvi Orlando ed Oliviero, ed egli con parte dell'esercito si trasferì nelle regioni transpadane, dove molte città udendo la fama di quella vittoria, si diedero in dedizione del vincitore.